Il numero di persone affette da malattie rare in Italia è pari a 450mila, ovvero l’1% della popolazione italiana. E’ necessario migliorare l’assistenza per le persone affette da questo tipo di patologie.
Sono oltre 450mila i pazienti affetti da patologie rare, un numero che anche se non aumenta, preoccupa e sconvolge tante vite, non solo quelle di chi è malato ma anche delle loro famiglie.
I dati statistici sono chiari. Accrescono le patologie rare nel nostro Paese. O per lo meno… aumenta in modo progressivo la spesa sostenuta per i Medicinali e le ricerche scientifiche che puntano a trovare una soluzione attraverso una cura. Sono tra i 450 e i 670mila i pazienti ai quali è stata diagnosticata una patologia rara, stiamo parlando dell’1% della popolazione italiana. Questi dati clinico sono affiorati dalla relazione “MonitoRare” presentato quest’oggi alla Camera dei Deputati dalla Federazione italiana malattie Rare UNIAMO, che riunisce le 20 associazioni che gestiscono della materia. Dare un numero certo dei pazienti colpiti da questo tipo di patologie non è facile. In Italia i registri nazionali e regionali non hanno ancora fatto una stima di tutte le zone territoriali. Meno facile pertanto formulare stime sicure e precise. “Ci sono individui che non usano, per le esenzioni, il codice patologie rare ma quello di disabilità, perché il più delle volte la patologia rara porta con sè una disabilità motoria o cognitiva o sensoriale”, afferma Antonella Cimaglia vicepresidente dell’organizzazione, e segue “Se si fa una proiezione con i dati mancanti si arriva a 1,5 milioni di individui, se poi si considerano anche i care giver allora si valuta che la popolazione affetta da patologie rare supera i due milioni di persone”.
Caro spesa
Patologie rare per una persona su cento quindi nel nostro Paese: più studi scientifici ma caro spesa per i medicinali, eppure il nostro Paese è all’avanguardia rispetto al resto d’Europa. La ricerca scientifica sottolinea la buona posizione del nostro apparato medico nazionale sul fronte dello studio, in special modo a proposito dell’attività dei laboratori clinici e delle politiche per quanto concerne gli screening, con particolare allusione a quello delle patologie del metabolismo ereditarie. Affiora poi la forte presenza di linee d’aiuto istituzionali per le patologie rare e la quantità di persone che lavorano all’interno del tessuto associativo italiano in questo specifico settore.
Il piano nazionale
Strategico nel nostro Paese è il Piano Nazionale patologie Rare 2013 – 2016 adottato in sede di Conferenza Stato – Regioni e l’approvazione della proposta di decreto recante “Nuova definizione dei livelli essenziali di assistenza” che darà una definizione dei nuovi livelli fondamentali assistenziali e l’aggiornamento della lista delle patologie rare.
Ma ancora di maggior aiuto è sicuramente l’istituzione dello screening neonatale esteso per le patologie del metabolismo ereditarie individuando le risorse opportune. Ma non è tutto oro quel che brilla. Gli autori del contributo scientifico sottolineano “come rimanga una mancata costituzione, con un lapalissiano ritardo rispetto agli altri Paesi, del ‘Comitato nazionale’ raffigurativo di tutti i disparati portatori di interesse del settore, con l’obiettivo di sovra-intendere all’aumento e all’implementazione del Piano e della Strategia nazionale per le patologie rare”.
Il numero verde per le malattie rare
Un invito deciso e forte è diretto all’utilizzo del Telefono Verde patologie Rare del Centro nazionale patologie rare dell’Istituto superiore della sanità.: 800 89 69 49.
Il numero, che ha cominciato a operare dal 29 febbraio 2008, in occasione della prima giornata di sensibilizzazione delle malattie rare, è attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle ore 13,00.
Il servizio è gestito in modo diretto dal centro Nazionale patologie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità, è a copertura nazionale e integralmente gratuito.
All’800 89 69 49 risponde un’èquipe di studiosi esperti che, attraverso un ascolto attivo e personalizzato, invita e dà informazioni sulle patologie, le esenzioni ad esse per quanto concerne, indirizzando la persona verso i presidi di diagnosi e cura della Rete nazionale patologie rare e le Associazioni dei pazienti.
La crescita della disponibilità dei farmaci ha come è ovvio fatto accrescere sia le dosi consumate che i soldi spesi per comprare i medicinali orfani, che nel 2015 hanno sorpassato il tetto del miliardo di euro annuali. Insomma, nonostante si rimanga tuttavia distanti dal giro di affari che riguarda altre malattie quello delle patologie rare sta diventando un mercato di rilievo nell’ambiente farmaceutico.
Nonostante non ci siano solo fattori positivi nella relazione scientifica, nella quale si puntualizza come non sia mai stato rappresentato il Comitato nazionale, che avrebbe dovuto sovraintendere alla crescita del piano nazionale per le patologie rare. Inoltre, il piano citato ha una data di scadenza che scade proprio nell’anno in corso ma in questo momento sembra non sia possibile avere un piano analogo per il 2017. La sfaccettatura sul quale è necessario dedicare tempo e risorse è quella che riguarda l’assistenza ai malati. Per quanto riguarda questo punto importante esistono difatti diseguaglianze enormi tra le diverse parti del territorio: per esempio, a fronte di una media nazionale di 3,8 centri assistenziali per le patologie rare ogni milione di cittadini, in realtà si parla di casi virtuosi come il Molise (12,8 centri), ma anche di situazioni da riconsiderare come in Sicilia (1,8 centri ogni milione di cittadini).
“E’ importante ricoradare che alle spalle di una patologia rara c’è sempre un individuo: la ricerca terapeutica della patologia e prendersi cura del malato sono principi essenziali, spiega il presidente di Uniamo, il dottor Nicola Spinelli Casacchia. “Ciò vuol dire che è necessario andare oltre l’idea della sola medicalizzazione della patologia e soprattutto considerare il paziente nelle esigenze della società e dell’ntegrazione. A questo scopo, la priorità è aggiornare il Piano Nazionale delle patologie Rare, con un giusto equilibrio tra azioni della sanità e della società “.