Dall’ex-po al Mose, tra gare decise a tavolino e fatture gonfiate, chi otterrà i fondi neri e come? Le 2 grandi inchieste che hanno messo sottosopra gli organigrammi delle galassie che vivevano attorno ai lavori per l’ex-po di Milano e alla maxi diga del Mose di Venezia, corrono il rischio di arenarsi nelle secche dei patteggiamenti e delle prescrizioni. Stefania Rimini ricostruisce un sistema trasversale, che tocca politici, funzionari di governo locali e di aziende partecipate, ma persino alti ufficiali dello Stato, faccendieri, industriali pronti a pagare. finalmente ognuno ha un proprio tornaconto a spese dei contribuenti.
Vedremo le tecniche di un sistema di tangenti 2.0, molto più artificiose della antica valigetta di contanti da portare in Svizzera. Ma soprattutto ci domandaremo: com’è possibile che per tanti anni nessuno si sia accorto di nulla? Uno dei pilastri di questa corruzione organizzata è fornito proprio dalla normativa. A volte sembra quasi che le norme siano state disegnate da esperti in corruzione, attenti a individuare la scorciatoia migliore per consentire l’elusione delle regole. E d’altra parte, chi legifera, chi deve mettere in pratica le regole e chi deve controllare in questa brutta storia è, in buona parte, persino il beneficiario di questo apparato che non dà scampo a chi non vuole stare al gioco.
Eppure la stessa Associazione nazionale Costruttori a più riprese ha promosso nuove regole per gli appalti che creino trasparenza e pari occasioni: la politica ha poi nicchiato. In contemporanea con gli scandali ex-po e Mose, entra in vigore la legge delega 67/2014, che introduce la “messa in prova”, una norma che di fatto consente di estinguere reati puniti con pene fino a 4 anni di reclusione tra cui addirittura l’omessa dichiarazione, la dichiarazione infedele, il falso in bilancio, la corruzione tra privati: il passo verso l’impunità totale è breve.
Alla fine della puntata, la presentatrice Milena Gabanelli intervisterà Arnaldo Forlani, già segretario della Democrazia Cristiana, Presidente del Consiglio e più volte ministro, condannato a 2 anni e 4 mesi nell’ambito del Processo Enimont per finanziamento illecito al partito.
Un testimone storico di quasi 40 anni di vita politica italiana che tuttora continua a difendere la sua versione di assoluta inconsapevolezza di quanto accadeva attorno a lui nel partito. Tuttavia confessa che le tangenti di allora non le intascava il politico,mentre ora “sono in evidenza gli aspetti personali ed affaristici”.