È il celebre musicista a pronunciare tali parole dense, appassionate e consapevoli, durante la ‘visionaria’ intervista che apre come di consueto il programma di Augias Visionari, in onda, con la sua quarta puntata, lunedì 28 aprile in seconda serata su Rai 3.
Beethoven viene subito presentato, oltre che come un compositore di fama mondiale, soprattutto come un uomo di idee, e in proposito egli afferma «il poeta le traduce in parole e io in suoni». L’attività del musicista assimilata a quella del poeta, entrambi interpreti e traduttori espressivi di idee, secondo moduli e mezzi propri dell’una o dell’altra arte.
E spesso queste due forme coesistono, si abbracciano completandosi vicendevolmente: è il caso della celebre 9a sinfonia, in cui i versi del coro dell’ultimo movimento (il famoso Inno alla gioia, oggi inno ufficiale dell’Unione Europea), scritti da Schiller rappresentano «l’epitome del romanticismo» di cui Beethoven fu senz’altro uno dei massimi esponenti musicali. Fu il primo ad essere consapevole della sua genialità e in questo incarna perfettamente lo spirito romantico, anche se bisogna ammettere che il noto quadro di Joseph Karl Stieler che lo ritrae accentua stereotipandoli certi tratti ideali della visione di Beethoven come eroe romantico.
Il messaggio di fratellanza e di unione di tutti i popoli della sua 9a sembra rinnovarsi nell’esperienza della piccola orchestra di Torpignattara in cui ragazzi tra i 12 e i 18 anni provenienti da nove paesi differenti vivono insieme l’esperienza della musica e della sua forza rivoluzionaria.
Questi aspetti e molti altri della musica di Beethoven sono affrontati nel libro Ascoltare Beethoven, del maestro e compositore Giovanni Bietti che, presente in studio, accompagna al piano il racconto di Augias con brani musicali tratti dal repertorio del ‘visionario’ protagonista della puntata.
Ma la grandezza di Beethoven si coglie nella sua essenzialità. Le quattro note che aprono la 5a sinfonia sono appunto solo quattro note, semplici, essenziali, apparentemente banali, eppure il talento le ha rese immortali con una maestria che è propria solo del vero genio.
L’innovazione della musica di Beethoven si spinge oltre, fino ad approdare a quella straordinaria invenzione che è la sonata 111 per pianoforte che «sembra uno swing degli anni ‘20», ma scritto cento anni prima (Beethoven muore nel 1827).
In chiusura Ilvo Diamanti ci offre il panorama odierno di come viene percepita ed esperita la musica; ne emerge una situazione totalmente estranea ed impensabile, forse, ai tempi di Beethoven: per la maggior parte delle persone la musica occupa un ruolo di «colonna sonora», un sottofondo mentre si fa qualcos’altro, solo pochi dedicano del tempo in modo attento alla musica.
Certo oggi la musica, diversamente dall’800, è un fatto di massa, popolare, la musica è ovunque, dal ristorante al negozio di scarpe, dal centralino dell’operatore di telefonia alla sala d’attesa del dentista, ma ciò non significa che dobbiamo perdere sensibilità nei suoi confronti, anzi, oggi che possiamo ascoltare tutto ciò che il mondo offre in termini musicali, dobbiamo – o almeno dovremmo – approfittare di questa opportunità e riservare un po’ del nostro tempo per arricchirci compiendo una semplice e naturale operazione: ascoltare.