Atterrando a Belgrado, ho preso quasi un colpo. Mi si presentano sotti gli occhi una sfilza di grattacieli senza forma, allungati e sbiechi. Un mare di cemento armato.
Ho preso l’aereo per Detroit, mi chiedo? Come in un sogno surrealista di Dalì , sgrano gli occhi per osservare meglio. I grattacieli comunisti non finiscono più.
Più l’aereo scende e più mi avvicino ai casermoni. Osservo le migliaia di parabole televisive, le antenne che spuntano ovunque, i cavi, i muri scrostati, le finestre arrugginite, i panni stesi nelle abitazioni. Vedo una persona che beve ( un caffe?) appoggiato a un balcone pericolante al ventesimo piano. Tutto è grigio, decrepito, annerito, invecchiato, appassito, mummificato. Anche l’aria pare cementata.
Non c’è un albero, un giardino. Il quartiere è deserto. Toglie il fiato. Sono le 15:30. Ma dove sono tutti? I grandi viali attorno ai palazzoni sono deserti. Sembra Capodanno. Più i secondi passano, meno ho il tempo di osservare. L’aereo corre troppo veloce. Uso i miei occhi come macchina fotografica. Sperimento la tecnica di Leonardo. Vorrei immortalare migliaia di particolari. Riesco solo ad acchiapparne una decina. E all’improvviso, mentre si tocca terra, una rondine passa vicina all’aereo.
E’ una bellissima giornata di sole a Belgrado. Anche in mezzo a tanto cemento, e che cemento!, viene voglia di vivere.
Una risposta a Una rondine non fa primavera