Il precedente, in ordine di tempo, risaliva al 2 maggio del 2013, quando il tasso di riferimento era stato ridotto allo 0,50, altro record storico per Eurotower. Tradotto in termini comuni, significa che il rifinanziamento delle operazioni marginali scenderà (a decorrere dal 13 novembre prossimo) dall’attuale 1% allo 0,75%, il che consentirà di comprare il denaro ad un costo inferiore di un quarto di punto.
Il Presidente Draghi ha spiegato le ragioni di questa politica portata avanti dalla Bce, nel corso dell’ultimo anno, facendo rilevare che l’abbassamento dei tassi ha come effetto immediato la svalutazione dell’Euro, da una parte, e l’innesco di un fenomeno inflattivo (a basso impatto) dall’altra. Il che ha ben due effetti positivi: l’aumento delle esportazioni e una velocizzazione della circolazione del danaro nell’Eurozona, che favorirà la ripresa economica nel breve periodo.
Inoltre, il Presidente Draghi ha fatto rilevare che attualmente i cittadini dell’Ue stanno usufruendo di un minore costo dell’energia, che di fatto sta aiutando l’economia generale avviandola nella direzione sperata, quella di una ripresa dei consumi. Il Vero pericolo, tuttavia, a parere degli analisti della Bce, rimane paradossalmente quello della deflazione, ovvero la caduta generalizzata dei prezzi, che avrebbe un effetto devastante sui piani di ripresa della produzione e la crescita degli investimenti, quindi la caduta del Pil in tutta Europa.
Il Presidente Draghi, nel corso del suo intervento, ha anche “bacchettato” i governi dell’Ue stigmatizzando la scarsa, quando non insufficiente, programmazione politica-economica relativa alle riforme strutturali che deve essere, necessariamente, più coraggiosa e, talvolta, radicale se si vuole uscire velocemente dal pantano della crisi generale. I segnali di ripresa ci sono, ma non sono uguali per tutti, con riferimento particolare a quelli con un debito primario ancora troppo elevato, per il quale devono versare annualmente tassi di interesse che vanificano le risorse dell’economia nazionale. Una ragione per la quale, quei Paesi più deboli da questo punto di vista, acquistano il danaro dalla Bce a tassi più elevati (come l’Italia o la Grecia).
Ecco spiegata la ragione per la quale il finanziamento e, quindi, il rilancio economico in Germania costa meno ed più veloce. Tuttavia, si registra, anche per quest’anno, un avanzo primario nell’intera Eurozona, che fa ben sperare in un’azione ben combinata tra “bassa inflazione” e svalutazione dell’euro sotto la soglia del 1,3 contro dollaro.
Il Presidente Enrico Letta, commentando da Dublino l’operazione della Bce, ha detto: “È una grande notizia: una dimostrazione che la Bce ha a cuore la crescita e la competitività in Europa. Una scelta importante e positiva, che ci incoraggia e consentirà di continuare sulla strada della crescita”.
Sin qui tutto bene ma, tuttavia, al momento per coloro che hanno un mutuo a tasso fisso non cambia nulla. Invece, per tutti coloro che ne hanno acceso uno a tasso variabile, possono consolarsi con la diminuzione della rata mensile di 10 o 20 Euro, un risparmio globale di 120 – 240 Euro per il prossimo anno. Non molto, certamente, ma pur sempre un segnale che la politica della Bce, al contrario di quella prodotta dall’immobilismo del nostro premier, comunque realizza qualcosa di positivo.
E’ strano dover constatare che la politica dei 28 Paesi che fanno parte dell’Ue non riesca funzionare in maniera coordinata, produttiva e secondo programmi a medio-lungo termine preventivamente concordati, come, invece, sembra riesca a fare la Bce. Al momento, l’unica espressione dell’apparato dell’Ue che funziona e riesce a parlare una sola lingua, comprensibile a tutti.
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