Di Paola Federici
Da Superman a Supercar a Super….tata. Oggi c’è la tata che accorre in tv, su La 7 per aiutare i genitori che non sanno come gestire i propri bambini. Fortuna o eccessiva intrusione, perché il successo di questa trasmissione?
Genitori insicuri o troppo impauriti dalle loro responsabilità , paurosi di sbagliare nell’educare i propri figli, o con troppi sensi di colpa per riuscire a dire dei “no”, spesso incapaci di sentirli piangere nemmeno per pochi secondi. Nel migliore dei casi mamme che danno un castigo e poi, pentite, si rimangiano tutto riempiendo di regali inaspettati il pargolo, annullando l’obiettivo del castigo, ance se giusto. Mamme che contraddicono il proprio partner di fronte al bambino, il quale, non capendo più da quale parte sta la ragione, dopo il primo spiazzamento ne approfitterà per fare cio’ che crede. Genitori che hanno perso di credibilità, che non sanno quando e come vada bene sgridarli o incoraggiarli, spaventati del proprio ruolo. Famiglie allargate con 4-6 figli reduci dai matrimoni precedenti , che nel bailamme di condizioni poco chiare non ubbidiscono più a nessuno. Bambini che rischiano di divenire degli iperattivi a scuola e a casa, incapaci di concentrarsi e rimanere tranquilli per più di due minuti. Queste e altre le situazioni proposte da S.O.S. Tata, il reality ispirato al format americano dal titolo “Nanni 911” , poi tradotto in reality italiano dal 2005.
In tale contesto, ogni puntata affronta un problema diverso, direttamente coi genitori e dentro la famiglia, dove una delle tre tate, ma quasi sempre tata Lucia, si pone come osservatrice. Col suo cipiglio austroungarico e un passo da corazziere più che da dolce tata pare quindi rispondere di primo acchito ai bisogni di sicurezza di molti genitori di oggi, i 35-40 enni disperati che non sanno che pesci pigliare quando piomba in casa il neonato, fulmine che scompagina gli equilibri anche tra partners in perfetto equilibrio.
Il reality sta avendo, anche in Italia, un certo riscontro nelle famiglie con bambini in età prescolare e scolare, quindi dalla prima infanzia alla pre-adolescenza. La tata arriva decisa, sorretta da una colonna sonora da “arrivano i nostri” in soccorso di mamme in lacrime, padri inadeguati e bimbi nevrastenici, travestita da tata inglese anni 40 con tanto di giacchettina recuperata in qualche negozio vintage e gonnellona con scarpe-pantofole ortopediche per nonne dall’alluce valgo.
Aspetto a parte, del tutto avulso dalla realtà dei nostri giorni, nulla da eccepire sui consigli forniti dalla tata. Sono dati in modo chiaro, man mano si dipana il problema, dapprima dopo poche inquadrature, poi commentando un’azione in genere sbagliata di uno dei genitori. La tata parla come se fosse dietro le quinte, ma al momento giusto per far capire ai genitori davanti allo schermo come comportarsi in frangenti simili. Interviene in seguito a tu per tu coi genitori del filmato per fornire ulteriori spiegazioni sui comportamenti errati e incoraggiandoli a mettere in pratica i nuovi interventi pedagogici.
Interessante che siano spiegati con cura gli errori commessi e come non commetterli in seguito. Nulla da eccepire sulla qualità e la precisione tecnica degli interventi in sé. Si capisce che dietro alle tate si nascondano ottimi psicologi e pedagogisti in chiave di consulenti: emergono evidenti e bene spiegati agli spettatori, i concetti di saper educare con coerenza, con fermezza e con chiarezza, senza cadere in contraddizioni deleterie ma senza negare mai l’affetto, anche e soprattutto quando si dicono dei “no”.
Una tata d’altri tempi. Ma perché?
Unico neo: ci si chiede quale possa essere la motivazione nascosta di tale impalcatura visiva di abiti informi, capelli bianchi di nonne primi del 900, che perfino Mary Poppins superava, un secolo e mezzo fa, in termini del minimo credibile di femminilità. Perché imbalsamare una tata che invece nei suoi interventi è tutt’altro che imbalsamata e rigida?
E allora vien da pensare proprio alla volontà di rassicurare i genitori inesperti, dando forza alle parole con abiti da governanti attempate d’altri tempi… come se la pedagogia debba essere collegata all’aspetto di una nonna del nostro fantastico “buono”. Perché oggi le nonne cinquantenni che indossano ancora il bikini al mare mentre corrono dietro ai nipotini non dovrebbero essere delle brave nonne?
Perché è ciò che trasmette l’alone di irrealtà in cui è stata racchiusa tata Lucia.
Chissà perché nell’immaginario culturale comune, tuttora divulgato, la nonna e la tata che sanno consigliare “devono” apparire come la nonna di Cappuccetto Rosso, mentre la matrigna di Biancaneve, solo perché bella e semplicemente attraente non la si può percepire come una dispensatrice di sani consigli per genitori di bambini in crescita. Il messaggio che passa è “fidiamoci di tata Lucia perché non bada al suo aspetto, ma solo al benessere delle famiglie”.
Maggiore apertura mentale nell’aspetto consentito dall’autore e dai registi alle altre tate, Francesca , Adriana, donne di oggi e May, la tata nigeriana, che pero’ ha partecipato solo alla sesta e settima puntata. Ottima anche l’intelligente scelta di un “tato” di sesso maschile, Martino Campagnoli, che purtroppo ha preso parte solo all’ottava trasmissione, chissà perché….
Se è vero che i consigli, più che con le parole, otterrebbero immediato impatto con l’esempio. Un tato nel reality come educatore stimolerebbe anche nei nostri asili nido e scuole materne la presenza di educatori uomini, come utili sostituti paterni di riferimento, oggi che i padri prendono sempre più parte attiva nell’educazione dei figli. Quella quotidiana, pratica e concreta, al di là di ogni discorso teorico dei padri delle generazioni andate.