In Treatment è una serie tv drammatica incentrata sulle vicende dello psicoterapeuta Giovanni Mari, interpretato da Sergio Castellitto.
La prima stagione italiana va in onda sulla tv a pagamento di Sky Cinema dal 1° aprile 2013 con 35 episodi girati.
La versione italiana è un remake della serie tv USA della HBO In Treatment, a sua volta tratta dal format israeliano “BeTipul”. Il dottor Giovanni Mari riceve nel suo studio pazienti con diverse problematiche dal lunedì al giovedì. Il venerdì diventa lui stesso paziente, andando in supervisione da Anna, terapeuta e mentore che lo aiuterà a fronteggiare le difficoltà del suo lavoro e le complicazioni della vita familiare.
Cast. Sergio Castellitto, Kasia Smutniak, Barbara Bobulova, Adriano Giannini, Guido Caprino, Valeria Golino, Licia Maglietta
Il Commento di di Paola Federici, spettatrice e psicoterapeuta
Sergio Castellitto è l’attore adatto a interpretare il ruolo dello psicoterapeuta Giovanni Mari che richiede riflessione, calma, ponderazione, credibilità. Sicuramente lo rappresenta in modo encomiabile: bene inserito nel contesto, capace a livello emotivo, tanto che è facile per lo spettatore appassionarsi a questa serie dove le sedute, pur ristrette in una mezz’ora di tempo televisivo, sono cosi intense da sembrare un’ora reale di psicoterapia. Facile sentirsi protagonisti e tifare perfino, in alcuni momenti, per l’uno (il paziente) o per l’altro (il terapeuta).
In alcuni momenti drammatici, soprattutto per il terapeuta quando si deve trarre d’impaccio, ci si ritrova a chiedersi :”E adesso come farà? Cosa dirà? In quale guaio si è cacciato con questa ragazza… come si toglierà dall’impasse?”. Ecco, capita sovente di tifare e preoccuparsi piu’ per lo strizzacervelli che per il paziente. Perchè? In fondo sono i pazienti ad avere problemi , per lo psicoteraputa dovrebbe essere semplicemente la sua professione… eppure, ci si ritrova a non sentire cosi pesantemente i problemi dei pazienti e a tifare per Castellitto, forse per quel suo accogliere, forse a volte fin troppo passivamente, tutto ciò che i pazienti gli scagliano contro. Per esempio quando uno di loro gliene dice di cotte e di crude, eccolo , irremovibile, a rispondere: “Ecco, lei se la prende con me perchè non sa con chi prendersela in questo momento, ma va bene cosi, io sono qui per questo“. Mentre pronuncia queste parole seduto nella sua poltrona, incurva la schiena, sembra prendere l’ennesimo colpo della sua vita, come se le sedute fossero la sua vita. Un po’ troppo personale come reazione rispetto a una professione che è, certamente, di coinvolgimento emotivo come nessun’altra professione puo’ esserlo, ma sembra fin troppo coinvolto. Il linguaggio del corpo dell’attore ne tradisce l’emotività personale, lascia come trasparire uno stralcio della propria vita, non di quella da psicoterapeuta. Come se fosse, anche nella vita privata, abituato a “incassare” troppo, a tacere e lasciar correre. Questo non dovrebbe apparire in una seduta, il terapeuta si sa, è esercitato a mantenere un atteggiamento accogliente ma non passivo, nè aggressivo. Nè tantomeno lasciar trapelare improvvisi moti personali dell’animo.
Molto belle alcune puntate, per esempio quelle con protagonista la ragazzina che ha causato un incidente e viene inviata al dott. Mari per un parere psicologico a fini legali. Molto bene interpretata la parte di chi deve scandagliare tutto il possibile, come fosse un padre buono di cui l’adolescente può fidarsi. Affrontando l’ambivalenza della giovanissima paziente che si fida ma non del tutto, sa bene che il parere dello psicologo potrebbe volgersi contro di lei. In questo caso il ruolo, difficile e sfaccettato dello psicologo, è molto ben condotto.
Si deduce invece , in alcune puntate, forse un eccesso di preoccupazione da parte del regista , nel voler mostrare quanto la vita di uno psicoterapeuta sia, in fin dei conti, la vita di un essere umano come tutti, lungi dall’essere perfetto. E fin qui siamo d’accordo, ma è pur vero che, in una seduta, la vita reale del terapeuta non dovrebbe trasparire. C’è da chiedersi quanta esperienza abbia avuto con una realtà “reale” di psicoterapia chi ha ideato la trama o chi ha condotto la regia, perchè molto sfugge al regista delle regole che di norma uno psicoterapeuta deve utilizzare come strumenti chirurgici.
Tra queste, la regola fondamentale che in seduta si parla della vita del paziente e non di quella dello psicologo. Pare invece che nella serie televisiva italiana, questo principio fondamentale venga allegramente by-passato. Non si sa se per necessità di audience o se per ignoranza. Meraviglierebbe se fosse la seconda motivazione. Meraviglia però anche se fosse la prima, perchè se per avere suspence e audience si presentano sedute condotte in modo poco ortodosso, c’è da chiedersi se sia allora una serie valida a livello informativo e culturale, al di là del successo di pubblico.
Ecco un altro esempio: il paziente Dario sembra a un certo punto voler sfidare il terapeuta in una escalation, che prosegue in piu sedute , ma che in una in particolare diventa fortemente invasivo, quando gli butta addosso tutto ciò che sa della vita di Mari. Il paziente ha indagato, ha scoperto che il terapeuta ha una moglie che lo tradisce, l’ha vista a Parigi con l’amante, e insiste nel volerlo umiliare con queste verità. E’ vero che vuole distruggere il terapeuta in quanto percepito come simbolo paterno, un padre verso il quale ha sempre provato senso di inferiorità. Lo psicologo tace, e nega anche l’altra insinuazione di Dario, di essere l’amante di una paziente che ambedue conoscono. Il dott. Mari ha inizialmente assunto il corretto atteggiamento di distacco, non dando informazioni riguardo a se stesso. Ma poi non ce la fa ed entra nel contesto negando questa insinuazione, ma cosi facendo entra in un gioco in cui non era suo compito entrare.
E quando il paziente, sentendo che i propri attacchi non vanno a segno come vorrebbe e conclude gettando addosso al suo terapeuta tutto il resto la verità sulla sua vita privata , con particolari da investigatore, e in modo altamente accusatorio, Castellitto/Mari , anche allora, non pronuncia come dovrebbe essere suo dovere , la frase inequivocabile “Guardi che la mia vita privata non la riguarda. Le ricordo che lei è qui per risolere i suoi problemi. Non sono tenuto a rispondere sulla mia vita personale a lei”. Se lei ha sentito la necessità di indagare su di me, allora è di questo suo bisogno che dovremmo parlare”. Nulla di tutto ciò.
Il terapeuta continua a tacere, a incassare con sguardo sempre meno impassibile, sempre più addolorato e stanco, forse disperato, senza proferire verbo. Il paziente sembra un avversario all’attacco, su un ring dove il terapeuta sta per soccombere senza più possibilità di difendersi. Ma soprattutto non riesce a rimanere impassibile e a pronunciare le fatidiche importanti parole. Manca una comunicazione sana, che distingua chiaramente chi sia il paziente e chi il terapeuta.
Alla fine della puntata, lo psicoterapeuta Mari, all’ennesima accusa di essere l’amante della paziente in questione, scaglia l’acqua contenuta in un bicchiere contro il suo paziente e lo afferra per il bavero della camicia, con la frase “lasci stare le mie pazienti!“.
Con tutto il rispetto per la libertà della regia e della libera interpretazione, non penso si tracci un’immagine realistica della figura dello psicologo e dello psicoterapeuta, come invece il serial parrebbe proporsi. Un terapeuta che agisce in questo modo è altamente lesivo per il risultato positivo di una psicoterapia, oltrechè confusivo per chi aspetta da lui chiarezza, fermezza e risposte adeguate al contesto di un setting terapeutico.
Per fortuna, il dott. Mari si reca una volta la settimana alle sedute di supervisione da una collega , al fine di chiarire le sue personali problematiche. Il che è encomiabile e dovrebbe essere sufficiente, insieme alle scene di litigio con la moglie in crisi, a mostrare come anche uno psicologo abbia una vita personale col proprio bagaglio di problemi.
7 risposte a In treatment con Sergio Castellitto. L’opinione di una psicoterapeuta